Passarono 200.000 anni dalle vicende che videro la nascita di Fenice e la sconfitta dei due distruttori.
Sul piano dimensionale abitato dal genere umano, degli uomini armati giravano per i boschi alla ricerca di qualcosa.
- Dev’essere da questa parte, non può essersi allontanato molto! –
Il rapace restava nascosto al di sotto di un cespuglio, con l’ala penzolante e ben attento a non provocare alcun tipo di rumore. Il dolore lancinante gli annebbiava la vista, ma l’udito gli permetteva di capire che loro erano lì e lo stavano cercando. Passi svelti e pesanti si diramavano da ogni direzione, erano piuttosto vicini. Con dei grossi legni battevano nei cespugli, cercando il suo nascondiglio. Si avvicinavano sempre di più!
Quasi trattenendo il fiato saltello via, cercando di raggiungere un altro cespuglio, poi intravide una scarpata. Se l’avesse raggiunta forse sarebbe riuscito a sfuggire a quegli uomini. Attento a non emettere alcun tipo di suono, si spostò di cespuglio in cespuglio fino ad arrivare alla meta, dopodiché si lasciò cadere giù. Un grido di dolore si sollevò straziante: l’ala ferita era rimasta incastrata in dei rami, provocandogli una fitta atroce. Tentò di divincolarsi, ma ogni movimento sembrava solo peggiorare la situazione, causandogli sofferenza e provocando rumori che lo rendevano facilmente identificabile. Mentre tentava di liberarsi, sentì gridare:
- Di là! Dev’essere lui, questa volta non ci scappa! –
Fece qualche passo indietro, poi, aiutandosi con il becco, tentò di far passare l’ala ferita attraverso i rami dei cespugli. Riuscito a disincastrarsi continuò la sua fuga; gli uomini erano troppo grossi per passare in mezzo alla macchia del dirupo e avrebbero dovuto fare il giro lungo. Mentre saltellava tentando di aiutarsi con l’arto sano, sentì un colpo sordo ed una manciata di terra gli arrivò addosso. Un altro sparo.
- Dannazione, l’ho mancato! Si è infilato nei cespugli, da qui non lo prendiamo più. Dobbiamo fare l’altra strada. –
Aveva ancora un po’ di tempo per cercare un nuovo nascondiglio, ma sarebbero arrivati presto.
Trovò un’intercapedine in mezzo a delle rocce vicino ad un torrente e vi si nascose. Da quel luogo udiva i passi e le parole di quegli uomini che lo cercavano imperterriti. Poi, ad un tratto, le voci si allontanarono fino a scomparire.
- Forse sono salvo. – Pensò.
Tuttavia non riusciva a tranquillizzarsi; non sentiva più le voci, è vero, ma erano testardi e sarebbero tornati a cercarlo. In quelle condizioni, poi, come sarebbe potuto sopravvivere?
Si fermò ad osservare l’ala spezzata. Le ossa erano fratturate in più punti ed in alcune parti il moncone fuoriusciva dalla carne. Aveva già perso molto sangue e si sentiva estremamente debole. Non beveva e non mangiava dal giorno prima, ma non poteva uscire allo scoperto in quello stato. Ad un certo punto, però, la sete si fece insopportabile, così si fece coraggio ed uscì dal suo piccolo rifugio per concedersi un sorso d’acqua. Mentre si accingeva a bere, tuttavia, si sbilanciò e cadde nel torrente. La corrente non era forte, ma lui non aveva abbastanza energie per tirarsi fuori dall’acqua, così finì per esserne trascinato per un bel pezzo, fino a quando la profondità non diminuì tanto da permettergli di toccare ed uscire.
Era finito in mezzo ad una radura. Bagnato ed indolenzito, con il corpo dolorante, si rintanò sotto un cespuglio e si addormentò esausto. Dormì un sonno agitato, popolato da creature malvagie che desideravano la sua morte, mostri e foreste oscure cresciute su fiumi di sangue.
Alle prime luci dell’alba il rapace si svegliò di soprassalto, toccato da qualcosa di umido e dalla strana consistenza. Un cane grande e grosso, dalle lunghe orecchie ed il corpo ricoperto da un folto pelo rosso lo stava puntando, poi cominciò ad abbaiare forte ed una voce lo richiamò:
- Otto, che hai trovato? Stai inseguendo la solita lucertola, fessacchiottone? –
Un giovane si avvicinò e guardò nel cespuglio. Poi fece un salto indietro e richiamò il cane.
- Buono, buono bello! Sei stato bravo, si. Ora mettiti seduto. –
Il ragazzo si tolse la giacca e la buttò sul rapace per afferrarlo. Tutto si fece buio per lungo tempo e l’animale crollò di nuovo sotto il peso della stanchezza e del dolore.
Il giovane camminava a passi svelti, in preda all’eccitazione, con il cane che lo seguiva trotterellando, con la lingua penzoloni e le orecchie dondolanti. Costeggiarono il torrente per un breve tratto, poi si inoltrarono nel fitto degli alberi e tornarono sul sentiero. Da qui accelerarono il passo fino a giungere ad una piccola struttura in mezzo agli alberi. Attraversarono senza fermarsi il cancello, poi, spalancata la porta, il ragazzo esclamò ancora ansimante:
- Non crederai ai tuoi occhi quando vedrai cosa ti ho portato! –
Una ragazza dagli occhi castani e lunghi capelli bruni raccolti a treccia sollevò lo sguardo e si girò a guardarlo.
- Che hai combinato questa volta, Antony? –
- Perché devo sempre aver combinato qualcosa? Io non c’entro niente, l’ho solo trovato. Anzi, per l’esattezza l’ha trovato Otto. –
- Otto? Mi hai portato una lucertola? – Sorrise lei.
Lui bofonchiò qualcosa, poi pose la giacca su un tavolo e l’aprì sbuffando. La ragazza ebbe un sussulto, poi rimase in silenzio per un attimo ed abbassò la testa per osservare lo strano rapace semisvenuto.
- Ma che cosa…? È un falco pellegrino, Antony? Dove l’hai trovato? –
- Era nella radura dove vado ad allenare Otto, nascosto sotto un cespuglio. Senti, ma… non ti sembra strano? -
- Be’ si, non è zona di pellegrini quella… -
- No, no! Non mi riferisco mica alla zona in cui l’ho trovato. Il colore! L’avevi mai visto un piumaggio così? -
Lei rimase in silenzio, poi corrugò la fronte e si mise ad armeggiare con pinze, forbici e disinfettanti, tentando di prendere tempo. Lui la osservava con impazienza, poi, dopo qualche minuto, sbottò:
- E ALLORA?! –
Lei si girò di scatto, guardandolo severamente:
- Non c’è bisogno di urlare! –
- E allora rispondimi, no? Ti serve una domanda in carta bollata? –
Lei ridacchiò e lo guardò intensamente. Poi si appoggiò al davanzale della finestra e riprese a parlare:
- Sei impaziente come un bimbo, lo sai? – Poi si fece seria – comunque no, non ho mai visto nulla di simile! Forse è una qualche mutazione del piumaggio a donargli questa colorazione argentea. È davvero strano però. -
Si zittì di nuovo e si avvicinò ancora al rapace, osservandolo attentamente.
- Quell’ala non mi piace affatto; e nemmeno le altre ferite. Bisognerà operarlo, ma non sono sicura di riuscire a riprenderlo. - si interruppe ancora e sollevò l'arto ferito dello strano uccello per esaminarlo meglio. - Posso tentare, ma prima bisognerà tirarlo un po’ su. È molto debole. –
Afferrò una siringa ed un flaconcino; poi prelevò da quest’ultimo una piccola quantità di liquido ed esclamò:
- Dai Antony, aiutami. Tienimi le zampe e le ali, devo cercare la vena, sperando che abbia ancora un po’ di pressione per riuscire a prenderla. –
Riuscì a trovare il vaso e vi iniettò il farmaco, poi fasciò attentamente l’ala fratturata immobilizzandola accanto al corpo. Finita la medicazione prese un flacone e lo aprì. Si fece passare una seconda siringa dalla quale tolse l’ago, la riempì ed in seguitò la inserì nel becco del rapace per riversarne all’interno il contenuto. Ripeté l’operazione, poi prese dei pezzetti di carne e lo forzò a mangiarli; al termine del lavoro lo depose in un piccolo ricovero pulito e lo lasciò tranquillo.
- Non so se si riprenderà; è messo male. –
- Chissà cosa gli è capitato – disse lui con l’aria assorta mentre osservava lo strano animale attraverso lo sportello della gabbia.
Lei lo guardò di nuovo con lo sguardo severo, poi esclamò con ironia.
- Saranno stati i tuoi amici! –
Lui sollevò lo sguardo dalle piume argentee e lo posò su di lei, poi le passò accanto per uscire dal ricovero e spostarsi nella stanza vicina, si girò di scatto ed osservò seccamente:
- Ancora con questa storia? Quelli che fanno queste cose non sono “amici miei”. Io sono un cacciatore, non un bracconiere; non sparo alle specie protette! –
- Sei sempre uno che uccide animaletti indifesi! –
- Senti chi parla, tu la mangi la carne o no? –
La discussione andò avanti a lungo, ma i due la continuarono all’esterno, lasciando solo lo strano falco, che intanto cominciava a risvegliarsi.
Per le parti precedenti:
Una storia nata da un sogno (Presentazione) - Prologo -
Per le parti precedenti:
Una storia nata da un sogno (Presentazione) - Prologo -
Ciao bellissimo post e puntata <3 anche io ti ho votato come nei giorni scorsi anche oggi in Net Parade <3
RispondiEliminaBaci Buon lunedì e migliore settimana appena iniziata
A presto - Che bello avere trovato il tuo blog :-)
Ciao Arwen,grazie! :D
EliminaDoveva essere più lungo ma ieri ho avuto un piccolo incidente con blogspot e l'ho dovuto riscrivere, per cui mi manca la seconda parte da rivedere. Piano piano...
Ti ringrazio molto, anche il tuo blog mi piace tanto.
Ti mando un abbraccio
Bello!!! Mi pare un ottimo inizio penso che la continuazione sarà altrettanto interessante.
RispondiEliminaUna curiosità, però. La fanciulla qualcosa a che fare con te ce l'ha vero?
Ciao Patricia, grazie :)
EliminaChi, lei? Noooooo, cosa te lo fa pensare? XD Anche il cane è proprio il mio ;)
(S)fortunatamente ancora non ho mai trovato falchi argentati, però :D
Sto finendo di riscrivere la seconda parte.
Baci baci
Niente di particolare.. era una sensazione così, a fior di pelle... ahahahaha
EliminaE io aspetto di leggere. Ciaooo
A breve ;)
EliminaBaci baci
Un racconto appassionante Poiana e ricco di significati :-)
RispondiEliminaCiao cara,
EliminaÈ bello leggerti di nuovo. Come stai?
Sai, sta prendendo un sacco anche me che lo sto scrivendo...
Ti auguro una serena notte e splendidi sogni
Poiana
Che il cane fosse tuo, non avevo dubbi :) certe espressioni le si usano solo per animali di cui si ha familiarità, e se ne conoscono le abitudini.
RispondiEliminaGo on!
Marina
In effetti Otto è esattamente come l'ho descritto, solo un po' meno ubbidiente; se gli dicessi "seduto" mentre sta puntando una lucertola o un piccione col cavolo che mi darebbe ascolto :D però ha le orecchie pelose e morbidose e quando ti guarda con quegli occhioni e la lingua penzoloni si fa perdonare tutto... per non parlare delle guanciotte pelose *__*
EliminaPiano piano proseguo.
Poiana