Google+ La Natura che ci circonda: Medicina veterinaria che non c'è

lunedì 5 marzo 2018

Medicina veterinaria che non c'è

In attesa dei risultati elettorali riprendo in mano il blog per spiegarvi quella famosa crisi universitaria che vi ho accennato. Ora, premetto che se sono fuori corso la colpa non è tutta di questa situazione assurda, ma anche della mia scarsa voglia di studiare,  di varie situazioni personali, nonché dell'anno perso durante il servizio civile. Quell'anno smisi di seguire i corsi e sostenni pochissimi esami. Ero già all'università da tre anni e con un cambio di facoltà alle spalle, ma non aveva senso seguire i corsi a metà, visto che medicina veterinaria ha l'obbligo di frequenza; "recupererò l'anno prossimo", mi dissi. Non potevo certo immaginare che al mio ritorno non avrei più trovato il CDL, sospeso perché l'ateneo non aveva voluto mettersi in regola con alcune condizioni previste per Medicina Veterinaria (dicono). Comunque non è del tutto vero che la questione passò nell'indifferenza generale, come scritto qui sotto, qualcuno disse la sua


Da quel momento in poi, in ogni caso, è stato un crescendo di situazioni assurde e paradossali.
Medicina Veterinaria, che da noi era un Corso di laurea e non una Facoltà, come già detto ha l'obbligo di frequenza, ma i corsi iniziarono ad essere soppressi dal primo all'ultimo, anno per anno (il primo un anno, il secondo il successivo e via discorrendo). E chi non riuscì a superare quello a cui era iscritto? Per non perdere i corsi seguì comunque quelli degli anni avanti, pur non potendo burocraticamente e non avendo le basi necessarie per capirci qualcosa (pensate che vuol dire seguire le lezioni di anatomia patologica senza aver prima studiato anatomia e patologia generale).
Per non rischiare di trovarci nei guai dopo, alcuni di noi inviarono una richiesta scritta perché venissero convalidate le frequenze in ogni caso e per poter successivamente sostenere gli esami e il tirocinio; in caso contrario chiedevamo che ci venissero riattivati i corsi (ahahah). Tutto tacque. Due anni dopo venimmo a sapere, per via ufficiosa, manco ufficiale, che eravamo stati autorizzati, con una delibera mai comunicata, anche a seguire il tirocinio del V anno. E chi non aveva scritto e aveva frequentato i corsi mentre era ancora iscritto al IV? Secondo loro avrebbe anche potuto attaccarsi al tram, ma fortunatamente, con l'intercessione di un docente in particolare e il movimento di alcune studentesse particolarmente arrabbiate, la cosa si risolse diversamente.
Questa, però, è solo una delle assurdità; una delle ultime. 
Intanto c'è da dire che, per buona parte, la colpa di ciò che si è verificato è di noi studenti che siamo stati a guardare per troppo tempo. Qualcuno si mosse all'inizio, quando io ero impegnata con il servizio civile, in modo poco convinto, ma siamo sempre stati quattro gatti all'università (considerate che quando i posti erano "tanti" si entrava in 25; l'anno che ho superato i test io, se non ricordo male, c'erano 11 posti, o forse  15, ma sempre pochissimi). Alla fine, quando rimanemmo senza corsi, senza tutorati, senza docenti e senza esami, ci girarono un po' i "crediti formativi" e decidemmo di cominciare a muoverci in modo un pochino più convinto. Sì, sì, avete capito benissimo: senza docenti e senza esami. I primi, siccome il nostro corso di laurea dipendeva da Napoli e la maggior parte venivano da lì, ad un certo punto si videro scadere i contratti e buona parte smise di venire dall'ateneo campano (se non come gentile concessione verso noi studenti disperati, per pietà, per senso di responsabilità o per non vedersi più la casella email intasata); i secondi, non essendoci i docenti, o venivano fissati tardissimo con commissioni di altri professori (tipo esami fissati per la settimana successiva, quando la sessione era già iniziata da giorni) o, se non c'erano sostituiti, non venivano proprio fissati. Ovviamente lo scadere dei contratti dei docenti non creava solo problemi per gli esami, ma anche per la tesi di laurea: io, per esempio,  vorrei tanto farla con il professore di patologia aviare come relatore, ma non posso perché gli è scaduto il contratto.
Ah, dimenticavo: fra le cose che non avevamo più c'erano pure le aule. Non posso scordare un episodio che tutt'oggi mi fa salire il sangue al cervello: un bel giorno, mentre facevamo lezione di fisiologia veterinaria, iniziata da mezz'ora, bussarono alla porta dell'aula. Era un professore di medicina, con la sua classe, che ci chiese per quanto ne avessimo. Il nostro docente gli rispose che non avremmo finito prima di un paio d'ore e quell'altro, non so dire se arrogante o imbarazzato, disse che l'aula gli serviva perché era stata assegnata a loro, perché quella di medicina era stata occupata per una conferenza e quindi gli avevano dato la nostra. Io non mi sarei mossa nemmeno sotto tortura, ma decidemmo di andare in massa dall'allora manager didattica (che dire "segretaria" suona brutto). Questa brava donna ci disse che non si trattava di discriminazione, ma se a medicina serviva la nostra aula dovevamo alzarci e lasciargliela. Ho ancora impressa la faccia attonita del Professore, che rimase interdetto, senza avere la forza di rispondere. Io, dal canto mio, non so come mi sono trattenuta, verbalmente e fisicamente; probabilmente fu perché non ero all'interno del suo ufficio, ma ancora oggi, pensandoci, mi prudono le mani. Purtroppo il docente era troppo buono, un pezzo di pane che non meritava assolutamente questo trattamento. Fosse stato un altro che ho in mente, la signorina starebbe ancora scappando, piangendo; ma probabilmente con lui non avrebbe osato.
Tralasciando questo episodio e tornando alla situazione del corso di laurea, che come avrete capito non era delle migliori, gli studenti, ovviamente, cominciarono a non essere esattamente felici della situazione.
Come succede sempre, si mosse attivamente solo una manciata di ragazzi e, in particolare, io e una mia collega che viviamo più vicine all'università e che avevamo deciso che se non ci fossimo laureate sarebbe stato solo perché ce l'avrebbero fatta pagare ("tanto non mi laureo lo stesso, tanto vale non farlo per aver creato problemi"); abbiamo rotto l'anima all'universo creato (dal manager al preside di facoltà; il rettore non ci ha mai ricevuti, né ha mai mostrato un particolare interesse per la situazione), tanto che ad un certo punto iniziarono strani suggerimenti da parte di alcuni docenti ad alcuni colleghi, che si spaventarono e smisero di agire. Già ci muovevamo in pochi, visto che gli altri, forse per paura, forse per pigrizia, "non erano interessati" (e ammetto che a questa risposta la voglia di sbatterli con la faccia al muro fu forte visto che poi si lamentavano per la situazione), poi rimanemmo in quattro gatti; quei quattro gatti da cui, quando qualche professore tentava l'approccio del consiglio "intimidatorio" e/o di farci ragionare e smettere di fare casino ("vi parlo come un padre"), si sentiva rispondere regolarmente a tono ("ce l'ho già un padre e vuole che mi laurei!").
Provai a spiegare in tutti i modi ai colleghi che se avessimo fatto casino avrebbero fatto di tutto per farci togliere dai piedi in fretta, ma il discorso lo recepirono solo in cinque, per cui ci muovemmo in sette (di cui una poi si è pure trasferita). Il risultato però fu che per un anno abbiamo avuto esami tutti i mesi, perché c'eravamo sempre noi a fare richieste per le sessioni straordinarie, tant'è che in 12 mesi, da giugno a giugno, riuscì a fare 10 esami. Come ci siamo stancate noi si è ritornati a fare solo le sessioni ordinarie (ma mica si può pensare di far fare casino per un intero corso di laurea a sei persone) e considerando che adesso siamo tutti in crisi, non ho nessuna intenzione di richiedere altre sessioni straordinarie, almeno per il momento.
Ad onore del vero, però, devo dire che non siamo state completamente sole, anzi: un'amica avvocato (e politica) ci aiutò a scrivere e ci mise in contatto con l'associazione studentesca dell'Ateneo di Reggio Calabria, i cui rappresentanti ci dimostrarono la loro solidarietà, e in seguito l'associazione degli studenti del nostro ateneo, i ragazzi della Rete universitaria nazionale (RUN), ci hanno veramente sostenuti e aiutati, mettendo in mezzo anche l'altra parte politica, con il consigliere regionale A. Bova, che si impegnò a cercare di risolvere la questione.
Mandammo decine di richieste scritte (all'ufficio protocollo ormai ci chiamano per nome), fatto una richiesta di accesso agli atti (caduta nel vuoto) e ci rendemmo anche disponibili a fare gli esami a Napoli, purché ce li facessero fare. Tutto tacque. Ogni tanto qualche docente cercava di tenerci buoni, ogni tanto il calendario degli esami sembrava uscire prima  (sempre con aggiornamenti imbarazzanti), ma la situazione, in sostanza, restava sempre la stessa.
Io e la mia collega più battagliera tentammo più e più volte di parlare con il Direttore Generale del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo, senza mai riuscire a superare lo sbarramento della sua segretaria, dapprima gentilissima e in seguito alquanto ostile. Insomma, dai vertici dell'ateneo la voglia di collaborare sembrò pari allo zero, ma, prima che potessimo arrivare dalla zelante segretaria con avvocato e carabinieri  (evidentemente sapendo che non ci sarebbe mancata la faccia per farlo), qualcuno mi telefonò per rassicurarci sul fatto che la situazione si sarebbe risolta a breve e dovevamo solo avere pazienza e pensare a studiare  (frase che mi fa salire l'isteria). In realtà si mosse ben poco ancora per un bel pezzo; un bel giorno, però, qualcuno fece uscire un articolo di giornale, subito ce ne fu un secondo e due studentesse furono invitate a parlare della situazione di medicina veterinaria alla radio dell'università. Magicamente, un paio di giorni prima della trasmissione radiofonica, il gruppetto di guerrafondai fu convocato in università e, più o meno, la situazione si risolse. Diciamo che andrebbero sempre presi tutti a cazzotti, che i docenti non sono quelli con cui abbiamo seguito i corsi, che i tutorati e le lezioni continuano a non esserci, che avere un programma è un'utopia, ma almeno dovremmo riuscire a laurearci. Il problema è che nel frattempo ci siamo stancati, inimicati alcuni docenti, alcuni hanno messo su famiglia e tutti abbiamo i nostri problemi, per cui abbiamo rallentato tutti quanti. Ovviamente non perdono occasione per farcelo notare, ma a trent'anni ci sta pure che una persona, ormai, abbia sue questioni personali e familiari da gestire. Non ci avessero fatto perdere tanto tempo e sprecare tante energie magari ci saremmo anche sbrigati prima. Arrivare a portarsi un avvocato come testimone per un esame, penso sia la sintesi perfetta dello stato di stress e rabbia che ci hanno fatto raggiungere.
La parte più bella è che oltre a pagare le tasse, che ovviamente aumentano e per i fuori corso sono maggiorate di una notevole percentuale, paghiamo pure 140€ di tassa per il diritto allo studio. A me questa pare sempre di più una presa in giro!
Qualcuno comunque continua a parlarne e chissà che un giorno non si riesca a far riaprire la facoltà di medicina veterinaria in una regione a prevalente attività zootecnica come la nostra.  Intanto è bene che questo scempio si sappia e non venga dimenticato, anche perché, chi di dovere, dovrebbe vergognarsi di guardarsi allo specchio.
In ogni caso spero che i vertici non pensino che sia finita qui, perché non è così: ci stiamo solo riposando, pronti a ripartire se le cose dovessero peggiorare ulteriormente.

4 commenti:

  1. Mi dispiace tantissimo....purtroppo mi sembra la classica storia di italica disorganizzazione da parte delle istituzioni competenti....per non dire di peggio.

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    1. Ciao Nick,
      Ormai ci sono abituata. Mi farebbe uno strano effetto se tutto funzionasse come si deve. XD
      Ora l'importante è arrivare alla fine.
      Un abbraccio

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  2. Ciao! Mi spiace, spero che comunque potrai arrivare al tuo sogno!
    Non demordere, un abbraccione!

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    1. Ciao cara, è bello rileggerti qui.
      Dovrei arrivare alla fine, se non succede niente nel frattempo. Ancora un po' di pazienza...
      Un abbraccio forte.

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