Google+ La Natura che ci circonda: Storia di un capriolo

domenica 1 giugno 2014

Storia di un capriolo

Questa volta voglio raccontarvi una storia... la storia di un capriolo allontanato dalla sua mamma, proprio come Bambi; solo che in questo racconto l'uomo non è il cattivo o, almeno, non consapevolmente.


Nel periodo di giugno, durante una passeggiata in montagna, un escursionista rinvenne un cucciolo di capriolo di poche settimane di vita, nascosto fra l'erba alta ed i cespugli. Questo signore non sapeva che  le mamme di queste specie nascondono i loro cuccioli per proteggerli dai predatori, come ho precedentemente spiegato nei post "Capriolo e cervo...questi sconosciuti" e "Come soccorrere la fauna selvatica in difficoltà: cose da fare, ma soprattutto cose da non fare"; nella più totale buona fede, l'escursionista prese con sé il cucciolo, tenendolo in casa per qualche giorno e somministrandogli, purtroppo, un'alimentazione errata. Siccome il cerbiatto cominciò a stare male, il soccorritore chiamò dei volontari che potessero farlo ricoverare in un C.R.A.S. prima che fosse troppo tardi. Giunto al centro, il piccolo capriolo fu visitato dal medico veterinario di turno, che gli riscontrò una grave intossicazione alimentare, diarrea e conseguente disidratazione; in queste condizioni il cucciolo era molto debole, inoltre rifiutava il biberon con il latte di capra, rendendo piuttosto macchinosa la sua alimentazione.
Con l'aiuto dei volontari e di altri impiegati della struttura, vennero eseguiti dal veterinario diversi giorni di terapia, in cui il piccolo attraversò alti e bassi, con momenti in cui sembrava che si riprendesse e altri in cui si era pronti al peggio.


Tentativo di alimentazione del cucciolo, che tuttavia rifiuta il biberon
Il capriolo comincia ad alzarsi, dopo qualche giorno di terapia.


Un bel giorno, mentre due volontarie studiavano un modo per far prendere il biberon al capriolino senza stressarlo (anche perché necessitava di essere allattato ogni 3-4 ore), questo si alzò in piedi avvicinandoglisi come se cercasse qualcosa. Del biberon non ne volle proprio sapere e le volontarie si domandarono cosa potesse significare quell'avvicinarsi alle loro gambe a testa alta e collo steso. Ad un certo punto arrivò l'idea! Capendo COSA stesse cercando l'animaletto, le ragazze presero un guanto di lattice, rivoltarono l'esterno all'interno e fecero un minuscolo buco sulla punta di una delle dita; poi vi versarono il latte di capra tiepido e lo avvicinarono al cerbiatto. Questo all'inizio non capì, ma dopo pochi minuti e qualche goccia di latte colatagli sul muso, si attaccò a questo strano "capezzolo" cominciando a mangiare voracemente. Tralasciamo i (letterali) salti di gioia e diciamo che, a questo punto, risultò praticamente certo che il capriolo si sarebbe ripreso.



Il piccolo, ormai guarito.

Il giovane capriolo comincia a brucare l'erba.

Piano piano, con l'impegno di tutto lo staff del centro, si riuscì ad abituare il piccolo al biberon, più sicuro del guanto. In poche settimane esso giunse a bere quasi un litro di latte al giorno.



Cresciuto abbastanza arrivò il momento dello svezzamento e, in seguito, della reintroduzione in natura. C'era un unico problema: maneggiandolo tutti i giorni per l'alimentazione e le cure il piccolo si "imprintò" (anche se con una certa antipatia nei confronti del veterinario della terapia) e questo comportò l'impossibilità di reintrodurlo direttamente nel suo ambiente naturale.





Dopo un anno, il cucciolo, al quale nel frattempo spuntarono due bei palchi appuntiti ed il mantello da adulto, venne trasportato in un recinto di preambientamento del Corpo Forestale dello Stato, adatto alle sue esigenze. 
Se tutto va bene, anche se ci vorrà ancora un po' di tempo, un giorno i cancelli del recinto si apriranno e lui potrà tornare a casa.

Il capriolo ormai adulto, in attesa di essere portato in un
 recinto di preambientamento alla vita selvatica.

A prescindere da come vada a finire la sua storia, che possa tornare a casa o debba restare in cattività, questo racconto deve insegnarci una cosa: non "soccorriamo" cuccioli che non ne abbiano davvero bisogno. Possiamo essere i migliori allevatori del mondo, ma non potremo mai sostituirci alle cure parentali ed agli insegnamenti dei genitori (io, almeno, il "capriolese" non lo so parlare).
Gli animali sono belli da toccare, accarezzare e coccolare, ma per queste cose ci sono i pets. Non esiste nulla di più bello che poter osservare un selvatico nel suo habitat naturale.

Per ora chiudo qui, ma non posso esimermi dal terminare con un augurio, e siccome "in bocca al lupo" non mi sembra una frase adatta per un capriolo, mi limiterò a scrivere.... buona fortuna, piccolo!!! 








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